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Lavoro nero, quali rischi: sanzioni per dipendenti e datori di lavoro

Sanzioni per il datore di lavoro

Le sanzioni per il datore di lavoro che assume in nero sono indicate nel Decreto Semplificazioni (d.lgs. 151/2015) attuativo del Jobs Act.
Il legislatore in questo caso ha usato il pugno duro per chi assume un dipendente senza regolare contratto, prevedendo sanzioni che possono arrivare fino a 36mila euro.
L’importo della sanzione per il datore di lavoro varia a seconda dei giorni d’impiego del dipendente in nero:

da 1.500€ a 9.000€: per ogni lavoratore irregolare entro i 30 giorni di impiego effettivo;
da 3.000€ a 18.000€: per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo compreso tra i 31 e i 60 giorni;
da 6.000€ a 36.000€: per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo superiore ai 60 giorni.
Inoltre, se l’impiegato è uno straniero senza permesso di soggiorno l’importo della sanzione è aumentato del 20%. Stesso aumento previsto nei casi di impiego di minori in età non lavorativa.

In soccorso del datore di lavoro c’è lo strumento della diffida obbligatoria con il quale è possibile mettersi a riparo dal pagamento della sanzione.

Questo prevede che il lavoratore venga regolarizzato entro un periodo di 120 giorni con contratto a tempo indeterminato, o determinato (non inferiore a tre mesi).

Una volta che il datore di lavoro dimostra l’avvenuta regolarizzazione del contratto incorrerà in una sanzione di misura minima.

Sanzioni per il lavoratore

Il dipendente assunto in nero dal datore di lavoro è considerato la parte debole del rapporto e per questo non rischia alcuna sanzione se viene scoperto a lavorare in nero. Anzi, in questo modo il dipendente può sperare che il datore di lavoro, per evitare di dover pagare una nuova sanzione, decida di regolarizzare il suo contratto.

Ci sono dei casi, però, in cui anche il dipendente in nero è soggetto a sanzione: infatti, se un disoccupato viene scoperto a lavorare in nero viene subito segnalato alla Procura della Repubblica.

Le sanzioni, variano a seconda se il lavoratore percepisce oppure no la disoccupazione.

Nel dettaglio:

l’impiegato in nero che ha presentato all’INPS, o ad un centro per l’impiego, lo status di disoccupato (ma non percepisce alcuna indennità) commette il reato di Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (ex art 483 del Codice Penale) per il quale è prevista una sanzione fino a due anni;
l’impiegato in nero che percepisce l’indennità di disoccupazione, oppure che ha beneficiato di altri ammortizzatori sociali grazie al suo status di disoccupato rischia una contestazione per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art 316-ter del Codice Penale). In questo caso la reclusione va dai sei mesi ai quattro anni, ma se la somma indebitamente percepita è inferiore a 4mila euro si applica una sanzione amministrativa che va dai 5.164 ai 25.822 euro. La sanzione non può superare il triplo dell’importo del beneficio percepito.
Quindi, anche se solitamente è il datore di lavoro a rischiare una sanzione per un impiegato assunto in nero ci sono dei casi in cui anche il dipendente deve stare attento.

Ad esempio questo accade anche quando il lavoratore impiegato in nero percepisce il reddito di cittadinanza. Il decreto 4/2019, infatti, tra le sanzioni previste per chi non rispetta gli obblighi del reddito di cittadinanza parla anche dei lavoratori impiegati in nero, ossia di coloro che per beneficiare del contributo hanno omesso delle informazioni relative al loro reddito e alla posizione lavorativa.

Per questi è prevista la perdita del reddito di cittadinanza, oltre alla restituzione di tutte le somme percepite, ma non solo: questa violazione, infatti, è punita con la reclusione da due a sei anni.

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